La cybersecurity in Vaticano è un problema serio. La Chiesa cattolica ha duemila anni, il world wide web poco più di trenta, ma entrambi sono innegabilmente stati in grado di cambiare il mondo. Che, a dispetto delle buone intenzioni, resta un posto pericoloso.
Quello virtuale non fa eccezione. Diversi gruppi di attivisti e ricercatori sollecitano da anni il papa affinché si prenda cura degli affari digitali. Perché lo Stato più piccolo del mondo – grande come un paio di quartieri di Roma – è anche agli ultimi posti della classifica del Global cybersecurity index. “Nelle ultime tre posizioni, per la precisione, a fianco dello Yemen e di Timor Est”. A parlare con Wired collegato da Amsterdam è Joe Shenouda, ingegnere informatico dei Paesi Bassi. Shenouda riflette da anni sulla situazione. Soprattutto da quando, nel 2020, all'inizio della pandemia, gli asset digitali della Santa Sede furono attaccati con una perdita di dati senza precedenti. Ai tempi si sospettò della Cina. Da allora, racconta, dice, le minacce sono aumentate.
Così nel 2022 il professionista, che oggi lavora come ciso (chief information security officer) indipendente dopo un passato in alcune società di consulenza, ha messo in piedi, partendo da un post su Linkedin, una rete di volontari che si sono fatti carico di un aspetto poco considerato Oltretevere: la sicurezza informatica. Perché il Vaticano, a dispetto delle dimensioni, è un gigante nella diplomazia. Un colosso delle relazioni internazionali che dispone di una rete capillare di informatori e, soprattutto, di informazioni di prima mano su questioni complesse a livello globale. Per non parlare degli asset economici, inclusi i conti correnti, su cui transitano fiumi di denaro provenienti da donazioni e affitti. Per quanto sia lecito presumere che l’informatizzazione di una realtà estremamente legata alla tradizionale e lenta nei mutamenti non sia così pronunciata come altrove, la strada – per tutti - è inevitabilmente segnata.
L'Ateneo: la nostra infrastruttura è stata oggetto di un grave attacco informatico che ha reso inaccessibili i siti web
Attacco hacker a Roma Tre, siti dell'università inaccessibili. Lo rende noto la stessa Università, spiegando che «nella notte dell’8 maggio, si è registrata una interruzione dei servizi informatici di Ateneo. A seguito delle operazioni di verifica effettuate già nella notte e proseguite per tutta la mattina del 9 si è potuto constatare che l'infrastruttura dell'Ateneo è stata oggetto di un grave attacco informatico che ha reso inaccessibili i siti web di Ateneo».
L’Autorità ha aperto un’istruttoria nei confronti del Comune di Lecce, che ha annunciato l’avvio di un sistema che prevede l’impiego di tecnologie di riconoscimento facciale.
In base alla normativa europea e nazionale, ha ricordato l’Autorità, il trattamento di dati personali realizzato da soggetti pubblici, mediante dispositivi video, è generalmente ammesso se necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri.
La sorveglianza europea parte da un’azienda italiana